L’oculistica è tra le discipline più richieste in Italia e la cataratta è l’intervento chirurgico in assoluto più frequente al mondo. Quello della salute visiva è, anche, un ambito ultra-specialistico nel quale la maggioranza delle prestazioni può essere erogata solo ed esclusivamente da un medico oftalmologo.
L’oculistica non è, però, se non in casi rari, e nonostante l’impatto sociale e personale della perdita della vista sia altissimo, una specialità salva-vita. Per questo è stata progressivamente sacrificata nell’allocazione delle risorse. Ora, questo progressiva emarginazione ha raggiunto una soglia critica. L’oculistica pubblica ha abbandonato al privato ampi settori di prestazioni – lenti e occhiali in primis; la cataratta -per la quale le liste di attesa superano i due anni – a breve; i posti letto nei reparti sono azzerati; l’accesso agli oculisti sul territorio è frammentario; la possibilità degli specialisti ambulatoriali di prendere in carico i pazienti sul lungo periodo molto difficoltosa.
Mentre cresce l’interesse del privato e delle aziende per gli ambiti non prioritari – occhio secco, lenti di ultima generazione etc – l’oculistica come specialità sta scomparendo dal SSN.
Esiste un’alternativa? Quali nuovi modelli è possibile pensare per garantire la diagnosi precoce e la cura delle malattie che fanno perdere la vista? Come riorganizzare l’assistenza territoriale? E a cosa si dovrà rinunciare?