“Un piccolo virus ci ha fatto riflettere e ci ha obbligato a fermarci, facendoci perdere sicurezze, abitudine, socialità e rapporti interpersonali”. Lo stesso microorganismo portatore di morte e sofferenza ci ha anche in qualche modo costretto a tornare a scoprire la bellezza della famiglia, della natura e della vita, facendoci riconsiderare l’utilità del tempo e la centralità dell’ambiente, obbligandoci a riflettere sull’epocale cambiamento scientifico e sociale che stiamo vivendo. A parlarne è Pier Antonio Bacci, Specialista Chirurgia e Malattie Vascolari, già Professore ac Università di Siena.
Quali conseguenze a livello di psicologia collettiva ha portato l’emergenza Coronavirus?
I problemi psicologi costituiscono uno dei quadri più significativi di questa pandemia, durante e dopo. Le persone non erano preparate, la quarantena e la pandemia non sono nella nostra cultura di persone abituate alle libertà e alla presenza di un sistema sanitario efficiente, moderno, avanzato e protettivo. Invece un piccolo virus ci ha fatto riflettere e ci ha obbligato a fermarci, facendoci perdere sicurezze, abitudine, socialità e rapporti interpersonali. Nella nostra mentalità questo è stato un dramma che ha aumentato i suicidi, ha riportato tanti ragazzi usciti dalla droga nel nero tunnel, ha creato difficoltà familiari e ha portato adulti e bambini negli studi degli psicologi, assieme a molti operatori sanitari che hanno vissuto periodi tragici e terribili.
Ci ha lasciato anche qualche insegnamento positivo?
Certamente. Con grande rispetto per coloro che sono morti per il Covid19 e che ne sono rimasti menomati nel fisico e nella mente, e con grande vicinanza per coloro che hanno perso lavoro e sicurezze, occorre vedere anche l’altro aspetto degli eventi. Pensavamo di essere padroni del mondo e della natura, invece la natura ci ha ricordato che siamo graditissimi ospiti che hanno il dovere di avere rispetto per l’ambiente e la stessa natura, proprio per avere la possibilità di vivere meglio. In poche settimane fiumi e laghi si sono ripuliti e gli animali hanno ripreso i loro spazi, occorre riflettere su tutto questo, con serenità ma con profonda serietà. Occorre rivedere stili di vita e progetti futuri, occorre riflettere sul problema della fame, dell’acqua e dell’energia, occorre riflettere sulla gestione degli abitanti del pianeta. Occorre farlo senza ansia o estremizzazioni spettacolari, ma molto è da rivedere, e non tutto sarà piacevole perché i pedaggi da pagare saranno importanti. Il messaggio positivo è che stiamo scrivendo un’epocale pagina di storia, non possiamo delegare perché la società siamo noi: possiamo essere attori o complici, ma mai semplici osservatori.
In campo medico, in particolare, che cosa abbiamo imparato?
La nostra società, strutturata in mondo verticale nei suoi vari aspetti, si è oggi liquefatta trasformandosi in una società orizzontale, sempre più distanziata: in alto l’élite, in basso la massa, e la forbice tende sempre più ad aumentare per la perdita di freni inibitori, di rispetto, di regole e di confini, grazie anche alla velocizzazione delle immagini e delle idee. Pensavamo che la pandemia avesse aumentato solidarietà e rispetto, tutto il contrario, perché è aumentato l’individualismo e l’egoismo, proprio per la perdita delle sicurezze. Esistono però delle sacche che si stanno distinguendo, sono quella maggioranza silenziosa, soprattutto giovani, che lentamente ritroverà il suo equilibrio e costituirà la società del futuro, perché stiamo vivendo un cambiamento che non è la fine del mondo, ma una trasformazione del mondo che conosciamo. Tutto ciò non è negativo se visto nell’interesse dell’essere umano e della sua evoluzione. La stessa medicina ha evidenziato molti limiti, riportando ricercatori e operatori a nuovi confini e nuovi sentieri. Ha soprattutto dimostrato che il corpo umano è un’entità globale in sinergia con la natura, e nella sua interezza e completezza il corpo umano deve essere studiato e curato, assieme alla mente, nelle sue caratteristiche biochimiche, biofisiche ed energetiche. Il messaggio più importante che la pandemia ci ha dato è l’invito a ciascuno a ritornare ad essere gestore della propria salute, essenziale attore nel momento preventivo.
Il fatto di essere stati messi a livello globale con le spalle al muro da un microorganismo tanto piccolo nel super tecnologico terzo millennio sancisce una sorta di demitizzazione del progresso o ci indica, al contrario, che il progresso scientifico-tecnologico è la strada per non farsi trovare impreparati in futuro?
La vita è sempre curiosa e interessante, sempre dimostra che ogni evento ha un suo perché e una sua morale. Un piccolo virus nuovo e sconosciuto in poche settimane ha distrutto le nostre sicurezze, ha incrinato la nostra vita e le nostre certezze, ha reso fragili le nostre attività lavorative e l’economia di tutto il mondo, ma questo piccolo virus ci ha permesso anche di riscoprire la bellezza della famiglia, della natura e della vita, ci ha fatto riscoprire l’immensità del pensiero e dell’amicizia, ci ha fatto riscoprire il nostro tempo e ci ha obbligato a riflettere. Questo virus ci ha obbligato a ripensare il nostro tempo, ci ha obbligato a stare più al telefono e al computer piuttosto che in società o nelle strade, questo virus ci ha improvvisamente trasformati in esseri umani capaci di creare un magnifico ponte fra realtà fisica e digitale, una trasformazione che ci ha proiettato direttamente in un domani sconosciuto e biotecnologico, dove al centro ci sarà sempre la Persona Umana con le sue emozioni, le insicurezze, i suoi sogni e la sua dignità. Per chi riesce a veder le cose e gli eventi con serenità critica è facile capire che occorre abbattere il mito del dr Google che tutto risolve, il progresso scientifico/tecnologico attuale ci ha fatto capire che non dobbiamo delegare ma invece partecipare come attori della nostra evoluzione. La ricerca andrà ancora avanti e ci porterà sempre maggiori dubbi, con alcune soluzioni. Questo è il bello della vita, ma dobbiamo essere sereni e pragmatici: esistono solo due certezze che non possiamo evitare, la nascita e la morte, per cui cerchiamo di migliorare noi stessi e fare una precisa prevenzione, aiutare ad investire in ricerca e migliorare le politiche sociali, ambientali ed energetiche … e poi dobbiamo rischiare e vivere tranquilli, senza domandarci mai, come insegna Hemingway, “per chi suona la campana”.